Vai al contenuto

Tre Cime di Lavaredo: l’anello dei Tre Rifugi

Le Tre Cime di Lavaredo si prestano a un’infinità di giri diversi, anche se tutti fanno sempre e solo lo stesso. E oggi vediamo una variante abbastanza classica per chi vuole camminare e non spendere soldi di carta per parcheggiare al Rifugio Auronzo. Che non ce n’è bisogno sapete. Non ce n’é bisogno, di salire fin là con la macchina. C’è l’autobus. Partite presto e prendete l’autobus.

Ma parliamo della Val Fiscalina, che è senza dubbio una delle mete più turistiche e gettonate degli ultimi anni. Perché è da lì che partiamo noi, dal fondo della Val Fiscalina.

Sapete tutto no? Val Pusteria, si gira per Sesto (Sexten), si arriva a Moso (Moos) e si parcheggia. Quanto in su, vedete voi.

Il giro di oggi è un classico pescato su una guida, quindi collaudatissimo. Quando lo abbiamo affrontato ci serviva proprio un giro così, dopo una settimana passata quasi tutta in valle a causa del maltempo. Quando ci siamo alzati quel giorno c’era il sole, ed era quindi tempo di andare a vedere le Cime.

#diariomontano18

Fino in macchina a Moso dunque. Il paese è un crocicchio con 4 case intorno e altrettanti alberghi di lusso. Dalla strada per il passo Monte Croce si volta a destra, dove si ammirano le distese di prati, larici e casette per il fieno fino ad un parcheggio (a pagamento) in corrispondenza di un rifugio sul fiume. È il Rifugio Piano Fiscalina, da cui parte la maggior parte dei sentieri che si addentrano nella valle, chiusa al traffico e priva di impianti di risalita. Top.

Anello dei Tre Rifugi Earth

Info utili

Nel caso non si voglia muovere la macchina dall’alloggio, l’autobus di linea ferma proprio qui. Poiché c’è anche un grosso albergo passa anche con discreta frequenza.

Passeggiata in Val Fiscalina

Partiamo dunque dal ristoro, imboccando una strada sterrata di collegamento (sentiero numero 102) che percorre la Val Fiscalina mantenendosi al livello del fiume. È molto facile e fattibile anche in bicicletta, col passeggino, con zaini carichi di bambini, in ogni stagione e con ogni tempo. Il paesaggio che incontriamo è incredibile. All’inizio prati a larice tenuti come giardini, di un vedre abbagliante. Poi il letto del fiume pieno di sassi bianchissimi e abbaglianti contrasta coi boschi scuri tutto intorno, mentre la valle si apre dinnanzi a noi.

Val Fiscalina
L’hanno definita “la valle più bella delle Dolomiti” mica a caso

Dopo circa 30 minuti di buon passo arriviamo al secondo rifugio della giornata, il Rifugio Fondovalle. È grande, ben fornito e con buon cibo, ha una fontana, i giochi per i bimbi e diverse attrattive per ciclisti e altri sportivi. Adesso che abbiamo fatto la nostra passeggiata di salute potremmo anche fermarci qui e mangiare come il porco, prendere il sole sulle sdraio e dormire. Ma no, a noi piace la fatica. Continuiamo. E dai dai dai.

Andiamo, dunque. Il sentiero (sempre 102) si inerpica per la valle, costeggiando il torrente che scende dal parco delle Tre Cime di Lavaredo. Di qui a poco giungiamo ad una biforcazione, tra i sentieri 102 e 103, il primo sulla destra e il secondo sulla sinistra. Seguiamo il 102 sulla destra, poiché completato il giro torneremo dal 103, al grido fortissimo di AMO I GIRI CIRCOLARI.

Bonus track: i giri circolari

I giri circolari sono i preferiti del Marito e ora li apprezzo anche io, devo dire. Hanno infatti numerosi pregi: si vede più mondo, sembra di aver fatto più strada quando in realtà la distanza è simile, e c’è un senso di compiutezza che ti invade al termine del percorso. Bisogna sceglierli con cura però, e fare attenzione alla direzione da imboccare, in modo da avere la parte con la pendenza più elevata in salita. Perché?

Perché, nella nostra modesta esperienza, la discesa molto ripida spacca le ginocchia e risulta più faticosa della salita. Provare per credere. Quindi noi scegliamo sempre la salita pesa all’andata e la discesa dolce al ritorno, ove possibile. Ad esempio, questo giro si può fare anche al contrario, anzi sarebbe più indicato per una questione fotografica di sole che illumina le cime. Ma avremmo un paio di scoscese ratadine da percorrere, quindi abbiamo optato per la salita classica ma parzialmente accecante verso il Locatelli.

Il sentiero al Rio Fiscalina
Guardare troppo a lungo l’acqua può rendere ciechi

La salita al Locatelli

La valle si apre ma il sentiero prosegue con una salita abbastanza impegnativa. Questo soprattutto per via della luce fortissima che abbiamo costantemente negli occhi e della vegetazione sempre più bassa, che quindi ripara poco dal sole. Si tratta di boschi di mughe dal profumo molto intenso, che unito al riverbero del sole nel torrente creano un’atmosfera magica quanto a tratti parecchio invadente.

Il sentiero inoltre procede con scalette di tronchi seguendo il fianco della montagna, perciò la lunghezza del passo è forzata dal terreno. Odio fare il passo più lungo della gamba. Almeno siamo solo noi, niente zavorra (non sarebbe fattibile). Dopo un’ora circa di cammino arriviamo ad una svolta nel sentiero che aggira una piccola cascata, superata la quale la valle diventa pensile ed il pendio si addolcisce un poco. Ma solo un poco, non ci illudiamo.

Torre di Toblin
Compare la Torre di Toblin

Usciamo dalle mughe e in breve giungiamo in vista dei Laghi dei Piani. Questi laghetti di forma quasi circolare e dal colore di smeraldo si trovano proprio sotto il famosissimo Rifugio Locatelli – Drei Zinnen Hutte, il rifugio meta obbligata di ogni escursionista che voglia vedere almeno una volta nella vita le Tre Cime di Lavaredo.

Laghi dei Piani
Laghi dei Piani poco scintillanti, ma il tempo è quello che è

Qui purtroppo, in alta stagione estiva, il clima turistico è simile a quello che potremmo trovare sul lungomare di Riccione. Sigh. Perciò noi, che siamo venuti in montagna per fuggire dalle persone, ci allontaniamo al più presto verso acque più tranquille. Già mi prudono le braccia, vedendo tutta quella gente.

Info utili

Se invece volete morire sulla panchina e bervi una birra in pace o mangiarvi una sacher, beh, direi che il panorama non ha rivali. Fin qui abbiamo camminato circa 3 ore, forse qualcosa di più. Direi che una pausa ce la meritiamo comunque.

Panoramica delle Tre Cime
Infografica del panorama

Dal Locatelli al Pian di Cengia

Il Locatelli è costruito su una sorta di passo. Noi, per proseguire e completare il nostro cerchio intorno alla Cima Uno e alle Crode Fiscaline, proseguiamo in direzione del Monte Paterno, ovvero quella sorta di cresta di drago che ci troviamo sulla sinistra delle Tre Cime. Subito dopo aver fatto 150 foto ai sassi belli cercando di non inquadrare nessuno e così credere di essere i soli ad ammirare la meraviglia.

Il sentiero che prendiamo si chiama 101 e si infogna fra i sassi e l’erba sotto al Paterno e poi resta in costa nel ghiaione, si vede già ad occhio nudo dal rifugio. Andiamo dunque.

Una volta raggiunto il ghiaione possiamo ammirare lo splendido lago blu e verde che c’è sotto al monte e che pare dipinto. Grazie al cielo il sentiero è in costa, così posso fare circa 170 foto al suddetto lago, da ogni angolazione possibile.

Lago del Monte Paterno
Questo è il colore che vogliamo! Ovviamente, non era lo stesso giorno di prima…

Info utili

Un altra versione di questo sentiero è raccontata nella quarta tappa de L’Altavia de noantri. La trovate qui.

Dopo circa 40 minuti arriviamo al termine della pacchia e tocca salire di nuovo, per superare un altro piccolo passo, quello che ci consente di guardare dentro la natura selvaggia della montagna. Dalla forcella Pian di Cengia (2522 m s.l.m.) infatti si può ammirare lo spettacolo delle cime che si accavallano a perdita d’occhio, senza troppa ressa a disturbare la contemplazione. Da qui proseguiamo in quota verso il terzo rifugio, Pian di Cengia appunto, che è in testa alla mia personale classifica dei rifugi più amati.

Al Pian di Cengia

Il Pian di Cengia è una piccola baita incastrata nella roccia irraggiungibile d’inverno. È gestita da uno stuolo di ragazze e ragazzi di una famiglia di albergatori e si mangia come al ristorante, nonostante le evidenti difficoltà di approvigionamento. Si bevono anche tazze di té grandi quanto vasche da bagno. Inoltre pare che lo strudel sia uno dei migliori dell’arco alpino. Io non amo lo strudel e se posso non lo mangio, ma il Marito che invece è un estimatore conferma con foga questa diceria.

Noi mangiamo qui, funestati da una pioggia improvvisa che ci ha colto per strada. Purtroppo avevamo i panini con noi, quindi ci avvolgiamo nei ponci, mangiamo in 5 minuti netti e poi ci introduciamo nel caldo e accogliente rifugio, gremito ma ormai alla fine del turno. Un posto a sedere lo rimediamo. Abbiamo preso freddo mangiando fuori sotto l’acqua quindi ci sta una fetta di torta con un té e un punch al rum. Immancabile.

Rifugio Pian di Cengia
Il mio rifugio dei sogni

Tempistiche

Fin qui, abbiamo camminato per circa 4h30, comprese le pause di riflessione. Ma ora la salita è finita. EVVAI! Adesso possiamo respirare le nuvole e scendere col passo leggero.

Discesa per il Zsigmondy Comici

A malincuore ci lasciamo il Pian di Cengia alle spalle. Ha smesso di piovere e ormai è ora di scendere.

Verso il Comici
Verso il Zsigmondy Comici

Continuiamo sul sentiero 101 che costeggia in piano alcune rocce, attraversa un altro facile passo e poi scende verso la valle del Rio Fiscalino. Il gruppo delle Crode Fiscaline e di Cima Uno è alla nostra sinistra e ci accompagna da tutta la giornata. Girandoci intorno possiamo vedere ogni vetta da tutte le angolazioni. Appena scendiamo in vista della prima vegetazione arborea, ecco che compare il quarto rifugio, il Zsigmondy-Comici, abbarbicato sotto la Croda dei Toni.

Da qui in poi il sentiero prosegue nel bosco (numero 103) e dopo una piacevole passeggiata siamo di nuovo al bivio che abbiamo incontrato al mattino. Abbiamo chiuso il cerchio, due punti per noi. Proseguiamo sul sentiero 102 verso il Rifugio Fondovalle e di nuovo fino al parcheggio, gustandoci le ombre lunghe della sera che avanza e i colori che sfumano nel rosa.

Tempistiche

Dal Pian di Cengia fino a qui sono trascorse circa 2h30, per un totale di 7 ore. Abbiamo percorso in tutto più di 1000 metri in salita. Troppo lungo? Troppo faticoso? Naaa. Non è mica la Travenanzes.

Precisazioni sulle tempistiche: la guida seria scritta da un alpinista indica 6h45 minuti come tempo totale di percorrenza. Noi, in una gioventù ormai lontana e priva di bambini, ci abbiamo messo 7 ore con anche il momento pioggia sul percorso, quindi direi che i tempi ufficiali sono abbastanza attendibili. Se partite in mattinata entro le 10 dal parcheggio state sereni che rientrate entro l’imbrunire, altrimenti si rischia il buio, soprattutto ad agosto e settembre. Che va bene eh, ma portatevi la torcia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *