Qualcuno ha detto foliage? No perché qua è già venuta la neve sulle Alpi e ci saltano tutte le gite autunnali in montagna, mannaggia. E allora come si fa? Semplice, si va dal caro vecchio Appennino che non delude mai, col riscaldamento globale. Si va nelle Foreste Casentinesi, stavolta. E in particolare si va alla cascata dell’Acquacheta.
E dove sta? Facile. Se siete emiliani come noi, non vi resta che piantarvi in autostrada, come per andare al mare. Poi uscite a Forlì e seguite per San Benedetto in Alpe, che trovate subito prima del confine con la Toscana. E parcheggiate.
Il resto è una sgambata, che poi vi spiego come fare a rendere più interessante.
San Benedetto in Alpe
Cascata dell'Acquacheta
Difficoltà | Facile |
Tempo di percorrenza | 1h (solo andata) |
Dislivello in salita | 150 metri |
Sentieri | 407 – Carta S.E.L.C.A. Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna 1:25.000 |
Come abbiamo detto, parcheggiamo a San Benedetto in Alpe: il paese è piccolo e c’è un comodo parcheggio pubblico proprio di fianco al parco, con la partenza dei sentieri. Gioia. Siamo arrivati in loco circa nelle 10:30, veniamo da Bologna e non è che nel weekend noi si abbia tutto questo sbatti di alzarci all’alba. Quindi la gita di oggi sarà affrontata con moltissima calma.
Salita alla cascata
Partiamo dunque: il sentiero è il 407, supersegnalato, non potete perdervi. La traccia è disegnata al fianco del torrente, che starà lì alla vostra sinistra per tutto il tempo. L’ideale se avete la vescica piccola.
Il 407 è bello largo e facile, in lieve ma costante salita: lo percorriamo con baldanza, facendo attenzione alle foglie scivolose sul fondo. Siamo partiti un po’ tardi quell’anno, col foliage: quando affrontiamo il percorso infatti è novembre inoltrato e una buona parte delle foglie ha già mollato il colpo e sta marcendo sul terreno.
Ma noi non demordiamo: il sentiero si snoda nel bosco e noi ce lo faremo tutto fino alla cascata. Oggi siamo venuti con l’intento di fare pratica di macro e altre tecniche fotografiche coi nostri obbiettivi, quindi la tempistica è giustamente rilassata.

Troviamo diversi soggetti interessanti: piccoli ruscelli che si fanno strada nel bosco, tra i sassi coperti di muschio. Foglie di varie tipologie di alberi che si mischiano creando effetti interessanti. O le bellissime radici pensili dei faggi, ottime per le tane dei… ok la pianto. Tanto poi vi beccate le foto.
Superiamo un ponticello in pietra, compiamo qualche curva nel bosco e, mi dicono dalla regia, superiamo anche il Mulino dei Romiti, una piccola casetta in una radura del bosco che non ricordo assolutamente, e in breve, arriviamo alla cascata.




Quando arriviamo qui, ci spendiamo in varie attività: innanzitutto raggiungiamo il belvedere soprastante, mediante una breve salita, e ci sediamo un minuto a riposare. Poi torniamo indietro, dentro una delle cascatelle incontrate subito prima del salto grosso dell’Acquacheta, e facciamo tutte le nostre prove di luce sull’acqua, con le foglie gialle e tutto il resto.

Tempistiche
Ci vuole circa 1 ora a raggiungere la cascata dal parcheggio, il giro è quindi del tutto affrontabile. Noi dopo abbiamo deciso per il rientro sulla stessa traccia per via di una scelta di campo abbastanza seria, di cui parleremo, ma si può fare anche un bel giro ad anello.
Dopo la cascata infatti si tiene la sinistra e si prende il sentiero 409, che conduce in salita sulle Balze Trafossi e poi sul Monte del Prato Andreaccio, prima di ridiscendere a San Benedetto. In tutto sono altri 300 metri di dislivello, per una distanza leggermente maggiore di quella percorsa sul 407. Trovate tutto sulla carta, comunque.

Discesa e attività enogastronomiche
Dopo la sessione fotografica alla cascata (nessuna giovane modella è stata costretta a scosciarsi nelle gelide acque del torrente) ritorniamo sui nostri passi, perché ormai si è fatta una certa e lo stomaco brontola.
La gita di oggi infatti prevedeva, oltre al foliage, anche una pantagruelica mangiata di funghi promessa dalla fama regionale del ristorante di San Benedetto in Alpe, notorio fino in Emilia, e noi ci fiondiamo senza batter ciglio.

Entriamo quindi al Ristorante Albergo Acquacheta, sulla strada principale, proprio mentre sta iniziando un grosso temporale, quindi mai scelta fu provvidenziale. Ci accomodano e ci portano una quantità di funghi senza fine. Ma sappiate che se chiedete la forma da mettere sulle tagliatelle, vi potrebbero guardare male.
Oh, io senza forma non mangio.
E quindi niente, tutta la nostra gita foliage è finita in funghi. Dite che è brutto? Io non credo. Andate e mangiatene tutti.

Curiosità
Della cascata comunque parla pure Dante, quindi deve esser bella dai:
«Come quel fiume c’ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ‘nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino,
che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,
rimbomba là sovra San Benedetto
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;
così, giù d’una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell’acqua tinta,
sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa.»
Divina Commedia, Inferno XVI, 94-102.

Qualche altra passeggiatella facile da mezza stagione, se proprio volete aggirarvi per boschi.