#diariomontano19

Nel calderone dei ricordi si annovera anche l’anno più piovoso della storia, il 2014, in cui decidemmo di passare ben due settimane in Val di Fassa, un po’ lontano dai nostri soliti monti estivi. Per cambiare vista e anche per vedere com’è, questa Val di Fassa.

Ovviamente ha piovuto 12 giorni su 14, ma siamo riusciti a confezionare lo stesso qualche giro memorabile, prendendo anche il sole a tratti. Ci possiamo addirittura considerare fortunati, direi: se qualcuno ricorda com’è stato il 2014, vedendo le foto in questo articolo si stupirà di tutto quel sole.

Ma veniamo a noi. Val di Fassa dunque, ma dove? Ci alziamo con un tripudio di luce quindi voliamo in fretta e furia sulla statale fino a Pera e da qui prendiamo il pulmino che ci conduce al Rifugio Gardeccia. Presto, prima che venga il diluvio voglio vedere il Catinaccio.

Rifugio Gardeccia
Passo delle Cigolade

DifficoltàMedia
Tempo di percorrenza5h
Dislivello in
salita
600 metri
Sentieri550, 541, 545, 540 Carta Tabacco 06 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000
RifugiRifugio Gardeccia, Rifugio Roda de Vaèl, Rifugio Ciampedié

Lasciamo dunque la macchina a Pera nel parcheggio della seggiovia e qui prendiamo il pulmino di linea che porta al Gardeccia, su strada asfaltata ma chiusa al traffico.

Cigolade Earth
In verde il tragitto fatto col pulmino

Info

Quando siamo saliti era attivo un servizio di pulmino in partenza dagli impianti di Pera che portava al Gardeccia sulla strada chiusa al traffico. Alcune fonti mi dicono che il servizio non è più attivo, quindi ad oggi per fare questo giro si dovrebbe partire dal Ciampedié e fare il sentiero in discesa che porta al Gardeccia.

Salita verso il Catinaccio

Uno sguardo al Vajolet
Intravvediamo persino il Vajolet

Ci scaricano insieme ad altre 40 persone nello spiazzo antistante il Rifugio Gardeccia e il Rifugio Catinaccio, in fondo al vallone sotto all’omonimo complesso montano. La cosa divertente è che qui praticamente tutti gli avventori che come noi erano sul pulmino spariscono nel bosco, diretti al Ciampedié, immaginiamo, mentre qualcuno si inoltra verso il Vaiolet, sulla strada. Solo noi imbocchiamo l’invisibile sentiero 550, che punta proprio sul Catinaccio. Che poi poverone, veramente triste come nome, quando invece Rosengarten era decisamente più fiabesco.

Info

Solo noi perché, immaginiamo, questo percorso è presentato nelle guide sempre al contrario: si sale da Ciampedié e Roda di Vaèl e poi si scende verso il Gardeccia. Noi, come ho già detto, siamo strani e ci piace cambiare i percorsi assegnati, e c’è un motivo preciso. Il sentiero 550 è un’infame ratadina che appare e scompare in mezzo al ghiaione del ruscello, ripida, sdrucciolevole e che peggiora salendo. E noi vogliamo lasciarcela alle spalle in salita invece di smontarci le ginocchia scendendo.

Saliamo dunque dritti verso il Rosengarten, sotto un sole incredibile e quasi inatteso, dopo giorni e giorni di pioggia. Il sentiero è implacabile: ripido, abbagliante e a tratti mancante. Ad un certo punto lo perdiamo e ci accorgiamo solo dopo una decina di minuti di salita che stiamo salendo nel fiume invece che sul sentiero. Tagliamo tutto in diagonale e riprendiamo la traccia, poco male stavolta.

Lasciato il letto del torrente il sentiero piega decisamente verso il ghiaione del Catinaccio, cominciando a fare qualche timido tornante. Poi prosegue verso sinistra fino ad agguantare dal basso il sentiero 541, quello che per intenderci arriva dal Rifugio Vajolet, tenendosi sotto costa alla montagna. Al bivio prendiamo quindi il 541 e proseguiamo verso sinistra, verso la nostra forcella. Al Vajolet andremo un’altra volta.

Catinaccio
Un Marito si riposa e dona l’elemento umano alla composizione

Verso il Passo delle Cigolade

Il sentiero continua a salire, anche se ormai il grosso della quota l’abbiamo preso sul ghiaione del Rosengarten. Compiamo un largo giro seguendo il profilo delle rocce e poi ci incuneiamo in una strettoia: manca solo l’ultimo tratto prima di guadagnare il passo. Qui il sentiero è dentro un ghiaione stretto tra due rocce alte, con qualche nevaio nelle zone d’ombra. La traccia è soggetta a frane quindi ci rassegnamo a scegliere con cura le parti percorribili e quelle da aggirare. Vediamo diversi gradoni di legno portati a valle dalla neve.

Info

Sulla carta il sentiero è segnato a trattini ma io consiglio comunque prudenza: possono esserci parti franate e tratti esposti. Inoltre l’ultimo tratto è molto ripido, altro motivo per cui abbiamo scelto di percorrerlo in salita.

Cigolade
Le rocce che ci attendono

Superato l’ultimo strappo ripidissimo sotto le rocce, ecco che arriviamo sul passo delle Cigolade: lo spazio non è molto e ci sono diversi punti esposti, in mezzo ai sassi. Mi arrischio a qualche foto, quando Marito non guarda (sapete ormai che è un po’ una pippa sulle altezze). Il panorama è decisamente particolare: sassi e rocce aguzze che si affastellano, componendo un mosaico quasi lunare. Peccato che inizino ad arrivare i primi escursionisti dal Roda de Vaèl, è ora di togliersi di mezzo: non ci si sta in tanti, sul passo.

Tempistiche

Le rocce a destra dal punto di arrivo si chiamano Le Cigolade, da cui il nome del tour. Quelle a sinistra si chiamano invece i Mugogn. E non ho idea di come si pronunci. Fino al passo abbiamo impiegato circa 2 ore, forse qualcosina in più.

Discesa al Roda de Vaèl

Scendiamo dunque continuando sul sentiero 541, dentro al ghiaione che punta nel Vaiolon. La discesa è un piacere: ghiaia sotto i piedi, pendenza non eccessiva, panorama spettacolare davanti e intorno a noi. In breve siamo al Roda de Vaèl, gremito di escursionisti.

Scendendo dal Passo delle Cigolade
Eccolì là, gli avventori. È finita la pacchia

Mangiamo i nostri panini un po’ distanti dalla ressa: il Roda de Vaèl è uno dei rifugi più famosi della Val di Fassa: c’è una seggiovia poco distante, che arriva in quota al Rifugio Paolina e da lì sarà mezz’ora di passeggiata, su un sentiero ultrapercorso, che gira intorno al Catinaccio e offre lo spettacolo del Latemar di fronte. Quindi in breve c’è il mondo.

Info

Attenzione: in un’altra occasione in cui siamo passati dal Roda del Vaèl in un giorno di cattivo tempo, abbiamo mangiato al rifugio. Il fatto è che non avevamo i contanti con noi e abbiamo dovuto pagare col bancomat (in Italia? Che ardimento!). Peccato che non prendesse per via del maltempo, nonostante il ragazzo si sbracciasse fuori dalla finestra. Abbiamo dovuto quindi fare una piccola deviazione al rientro per pagare il pranzo al gabbiotto della funivia: ai limiti del surreale. Magari hanno risolto eh. Magari ora hanno un’antenna più grossa. Però portateveli, due spicci se piove.

Rifugio Roda de Vaèl
Devo dire che non è in brutto posto. Ci credo che è sempre pieno

Riprendiamo dunque la strada sul sentiero 545, o Alta Via di Fassa, che tenendosi in quota passa sopra i prati e le malghe di Vaèl e raggiunge il Ciampedié, dove troviamo baite, su rifugi, su impianti, su altre baite. Fuggiamo alla svelta e ci infiliamo nuovamente nel bosco, un bosco bellissimo e dalla pendenza molto tranquilla, che placidamente ci riconduce mediante il sentiero 540 al Rifugio Gardeccia.

Verso il Roda de Vaèl
Simpatici massi sul sentiero del Roda di Vaèl

Tempistiche

Abbiamo impiegato circa 3h tra discesa al Roda del Vaèl e rientro al Gardeccia, per un totale di circa 5h di cammino, pausa più pausa meno.

Al Gardeccia aspettiamo qualche minuto ed ecco che il fido pulmino arriva per recuperarci, permettendoci di prendere fiato e guardarci intorno per ammirare ancora una volta la meraviglia del Rosengarten.

Folklore

Per chi non lo sapesse il Rosengarten si chiama così in onore di una leggenda dolomitica bellissima, una di quelle storie che prova con una fiaba a spiegare l’enrosadira, cioè l’arrossarsi delle cime al tramonto, tipico fenomeno dei Monti Pallidi. La leggenda narra che Re Laurino, signore dei Nani, un bel dì s’innamorò della principessa Similda, figlia del re. Allora la rapì e la portò nel suo regno, il “Giardino delle Rose” (Rosengarten appunto), uno splendido roseto che un tempo copriva il monte.

Il fratello della principessa insieme a Teodorico, re dei Goti, inseguì Laurino e trovò il nascondiglio proprio grazie al roseto. Laurino fu sconfitto e portato in prigione e la principessa venne liberata. Ma Re Laurino fuggì e tornò al suo giardino dove, sentendosi tradito dalla bellezza dei fiori, li maledisse, ordinando che di giorno e di notte le rose scomparissero dalla vista di chiunque.

Dimenticò però il crepuscolo: ecco che quindi al tramonto le Dolomiti si tingono di rosso, il colore delle rose di Re Laurino. Fico no? È una delle favole della buonanotte preferite dalla Tata.

Rocce colorate verso il Ciampedié
Sul sentiero verso il Ciampedié bellissime rocce colorate

Come ripeto spesso e come si può vedere benissimo da queste foto, la Val di Fassa non è solo Fuciade e Antermoia, c’è un intero mondo di montagne da esplorare. Perciò andate ed esploratene tutti.


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