Nel caso non fosse ancora chiaro dai frequenti excursus sulla storia dei monti, sulla guerra e su avvenimenti più recenti, sono una storica di formazione. Perciò questo mi porta ad essere affetta da una grossa deformazione professionale (che vede il Marito del tutto concorde) che mi porta a leggere libri, spulciare archivi fotografici e passare le sere su wikipedia, in mancanza di meglio, per trovare informazioni dettagliate e specifiche sui posti che ho appena visitato. Non so quanti libri di storia locale abbiamo acquisito nel corso di questi anni sulle Dolomiti…
Detto ciò, ovviamente non poteva mancare all’appello delle passeggiate consigliate, il sentiero delle gallerie che conduce sul Lagazuoi, partendo da Passo Falzarego: un’esperienza incredibile che mi sento di consigliare a tutti quello che vogliono “toccare con mano” la situazione storica della guerra sulle cime. Ma anche a chi voglia fare un giro bello tosto di sicuro impatto scenografico.
Passo Falzarego
Lagazuoi
Armentarola
Difficoltà | Difficile | |
Tempo di percorrenza | 5h30 | |
Dislivello in salita | 640 metri | |
Sentieri | 402, 20 Carta Tabacco 07 ALTA BADIA – ARABBA – MARMOLADA 1:25.000 | |
Rifugi |
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Informazioni tecniche
Sentiero non per tutti: sulla carta è indicato come vi ferrata, è consigliato l’utilizzo del casco e della torcia per vedere bene, oltre ad un abbigliamento consono. Per la maggior parte dei casi inoltre il sentiero viene affrontato in discesa, sia da chi percorre l’anello del Lagazuoi salendo dal Sentiero dei Kaiserjäger, sia da chi sale in funivia dal Lagazuoi. Ma siccome noi non vogliamo guastarci il divertimento e vogliamo fare un giro più lungo, decidiamo di farcela in salita, anche perché a tratti è parecchio stretta, scivolosa e buia, ovviamente, e quindi in questi casi è sempre meglio salire.
Avviso: noi abbiamo fatto il sentiero tipo dieci anni fa, se qualcuno che l’ha fatto di recente fosse al corrente di obblighi, chiusure varie o altro, mi faccia sapere che aggiorno.

Salita nelle gallerie
Siamo di base in Val Badia, quindi optiamo per un giro lungo e dai vasti scenari: parcheggiamo la macchina all’Armentarola, ridente località tra San Cassiano e il Passo Valparola provvista di ampio camping e magnifici pascoli d’altura, e prendiamo il pulman che porta al Passo Falzarego. Come sempre, gli orari si trovano al punto informazioni e in quasi tutti quei librettini che troviamo nelle case vacanze e negli alberghi.
Arrivati al Passo Falzarego scendiamo e occhieggiamo subito verso la montagna: una fila di escursionisti si dirige con passo sicuro sul sentiero numero 402, detto anche Sentiero del Fronte, ma siamo sicuri che non andranno tutti dentro le gallerie. Infatti il sentiero prosegue aggirando la montagna fino alla Forcella Travenanzes e da qui arriva al Rifugio Lagazuoi da dietro, senza nessuna difficoltà tecnica se non il dislivello di oltre 650 metri. Chi ha paura dei sentieri esposti e non si sente così fermo sulle gambe, mentre guarda giù dalla finestrella della galleria, può fare questo e arrivare senza problemi alla medesima meta.

Partiamo dal parcheggio, quota 2107 metri, e ci avviamo con baldanza sul sentiero, insieme agli altri avventori. Dopo aver preso quasi 150 metri di quota sulla traccia assolata e fiancheggiato da mughe, sotto i ghiaioni, ci imbattiamo nel bivio sotto una cengia: sulla sinistra si stacca il sentiero delle gallerie, che dopo qualche ripido tornante, si addentra nella montagna.
Info
Non ho fotografie del sentiero in galleria per ovvie ragioni: buio, stretto, scivoloso, ci mancava solo che sbattessi l’obbiettivo della Nikon contro la parete di roccia e poi le urla belluine le avrebbero sentite fino a Bologna. Però potete trovare un po’ di spunti visivi qui.
E questo sentiero è una scala, in pratica, con gradoni intagliati nella roccia, a volte protetti da pali di legno, con funi d’acciaio di sicurezza poste a mo’ di corrimano e ogni tanto, una finestrella sul vuoto, anch’essa protetta con funi. Giù ho guardato solo io: il Marito ne aveva abbastanza di intravvedere i gracchi che svolazzavano in cielo attraverso quegli unici spiragli di luce naturale.
Inutile dire che senza la torcia frontale è abbastanza delirante, anche perché le mani servono entrambe, molto spesso, e anche senza la felpa oppure la giacca si va poco in là. Eh sì, fuori possono anche fare 30 gradi e può cioccare il sole come non mai, ma dentro la montagna l’acqua gelida ti cola addosso e fa un freddo polare. Però che bello, raga. Che bello. Ci tornerei oggi.
- Leggi anche: Dentro le Tofane: al Rifugio Giussani.

Brandelli di storia
Le gallerie del Lagazuoi fanno parte di un complesso sistema di difesa/offesa installato dall’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale. Nel periodo 1915-1917 infatti l’esercito italiano, che aveva fermato la sua avanzata sul vicino Passo Valparola, sbarrato dalle trincee austriache, aveva ripiegato occupando e sbarrando a sua volta il Falzarego e conquistando diverse postazioni sulle montagne all’imbocco della Val Travenanzes, anch’essa in mano austriaca.
In particolare, oltre alle Tofane dove è celebre il “Castelletto” e alla seconda linea munita di artiglieria pesante alle Cinque Torri, gli alpini iniziarono a scavare nella montagna del Lagazuoi un complesso sistema di gallerie di mina e di collegamento, per cercare di strappare le cime agli austriaci, facendoli saltare da sotto.
Il primo tratto della galleria fu scavato nell’ottobre del 1915 e conduceva alla Cengia Martini, dove venne costruito un villaggio di baraccamenti arroccati alla montagna, tuttora visibile ma raggiungibile attraverso un breve sentiero un po’ esposto. La posizione era scomoda per gli austriaci, che tentarono più volte di farli sloggiare facendo brillare delle mine. La Cengia resistette e nel 1917 addirittura il comando italiano fece scavare una galleria di 200 metri fin sotto al Piccolo Lagazuoi da cui assaltò e conquistò in parte la vetta, dopo aver fatto brillare una gigantesca mina il cui sfacelo è tuttora visibile. Poi tutto venne abbandonato con la rotta di Caporetto.

In quasi due ore di scarpinata obbligata con poche soste, concesse dalla fila di escursionisti che sale insieme a noi per il sentiero, arriviamo a vedere nuovamente il sole: apriamo una porta e bum: paradiso. Ci spogliamo, attraversiamo una piccola selletta un po’ esposta, e ci buttiamo nelle trincee ricostruite: tutta l’area è infatti un museo a cielo aperto e si possono anche fare escursioni guidate con i volontari che spiegano le battaglie e le azioni ardite.
Al Rifugio Lagazuoi e giù
Una breve sgambata e siamo al rifugio Lagazuoi, quota 2752 m, dove ci concediamo una birra sulla terrazza panoramica. Se non fosse per il costante afflusso di persone portato in vetta dalla funivia, non sbaglierei a definirlo uno dei luoghi più belli e panoramici di tutte le Dolomiti.


Dopo la sosta, il sentiero continua: imbocchiamo il numero 20, che scende nel grande catino del Lagazuoi verso il gruppo Fanes. La fatica è finita, ora ci gustiamo il paesaggio a dir poco superbo.

Il ghiaione lascia gradualmente spazio ai primi prati alti, con una miriade di fiori varipopinti che crescono tra le rocce, mentre già avvistiamo il Lago di Lagazuoi, uno splendido laghetto alpino in una conca pensile, sopra la valle che conduce al Rifugio Scotoni.

Nostalgia canaglia
Un altro anno, durante un altro giro in compagnia di altri baldi giovani, ci venne la brillante idea di fare il bagno nel lago. Dalla regia mi hanno poi detto che non si fa, che ci sono i batteri, che chissà cosa ti puoi prendere. Noi avevamo caldo perché ERA caldo, abbiamo fatto il bagno in mezzo ai pesci e non è successo nulla. Poi magari abbiamo avuto culo eh. Però quella volta ci stava tutto.

Dopo il lago il sentiero scende ripidamente accanto al torrente fino al rifugio Scotoni, una specie di paradiso pensile con le sdraio in un ampio prato pianeggiante, la fontana e una sensazione di polleggio che invade l’anima appena si mettono i piedi sull’erba.
Di lì in fondo è una sgambata: strada ghiaiata a tornanti nel bosco fino alla Capanna Alpina e da lì ancora pochi minuti prima di rivedere il parcheggio di fronte al Camping Sass Dlacia, all’Armentarola, che si raggiunge attraversando il ghiaione del torrente Rü Sciarè.

Tempistiche
Tempo di salita 2h, dal parcheggio del passo al rifugio; tempo di discesa maggiore, 3h e 30 minuti circa, perché sono quasi 10 km e più di 1000 metri di dislivello. Ma il giro li vale tutti.

Altre idee nella zona, per chi non si accontenta.

Il giorno più lungo: escursione in Val Travenanzes

Dentro le Tofane: al rifugio Giussani

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