Cambiamo un po’ territorio, perché fortunatamente siamo circondati da montagne in tutte le regioni d’Italia e mi pare poco simpatico nei confronti di queste belle e diverse cime, parlare sempre e solo di Dolomiti. Ok che sono in pole position, però è giusto dare spazio anche ad altri luoghi. Essendo noi triste genti di Pianura Padana, che d’estate cercano conforto nel fresco ma anche nel comodo, non parlerò di monti a sud dell’Appennino Tosco-Emiliano non perché gli si voglia male per carità, anzi, mi piacerebbe un giorno farmi un giro sulla Maiella e sul Gran Sasso, ma perché di solito andiamo a nord, verso monti più vicini e con autostrade meno trafficate. A parte il Brennero.E a volte non andiamo nemmeno fino in alto: ogni tanto ci fermiamo un po’ prima, a passare qualche giorno su quel lago grande e non troppo distante che è il Garda. Possiamo contare infatti su di un’amica di lunga data che la sorte ha fornito di pied-à-terre in uno dei paesi bresciani fronte-lago e che quindi, ogni tanto, ci invita. Che culo, direte. Ebbene sì, siamo fortunelli.

#diariomontano23

Prada Alta Punta Telegrafo – Rifugio Gaetano Barana

DifficoltàMedia
Tempo di percorrenza6h30
Dislivello in salita1200 metri
Sentieri655, 51, 655, 658, 654, 55, 51, 544 Carta Kompass 129 MONTE BALDO 1:25.000
RifugiRifugio Fiori del Baldo, Rifugio Chierego, Rifugio Gaetano Barana al Telegrafo
Immaginate un fine estate di gioventù, quando ancora ci si poteva permettere di fare un lungo weekend fuori città a fare della fatica, ben riposati dopo settimane di mare e montagna, e ci si ritrovava con amici a pensare di passare una notte in rifugio sul Baldo, per vedere dall’alto tutte quelle lucine che brillano al buio. Oggi sembrano passati secoli, eppure ci sono un sacco di foto a colori, quindi…
Monte Baldo Earth
Cara Google Earth, questa foto è veramente orrenda. Rimediamo?

Info

La scelta ricade sul Rifugio Gaetano Barana al Telegrafo, raggiungibile senza troppi sforzi ma scenografico e immerso nella natura selvaggia. Partenza: Prada Alta, ridente paesello sui mille metri d’altezza che raggiungiamo dopo un’ora di curve su strade strettissime, da Torri del Benaco, dove siam giunti la mattina col traghetto da Toscolano-Maderno. Partiamo quindi non prestissimo, saranno già le 11 passate, quando infiliamo lo zaino.Non abbiamo fretta: c’è tutto il giorno per raggiungere la meta, e come vedremo, si arriverà giusti per il tramonto. Il sentiero che imbocchiamo è il 655, che prendiamo tornando un po’ indietro sulla strada asfaltata e superando alcune case sul fianco della montagna, già al limitare del bosco. Il sentiero è accompagnato nel primo tratto da un torrente, quindi non sbagliamo. E saliamo già con decisione.
Madonna delle Nevi
Due giovani esemplari di maschio italico disquisiscono di architettura veneta d’altura
Dopo qualche tornante nel fitto della vegetazione, usciamo brevemente al sole in corrispondenza di alcune malghe, imboccando ad un bivio la traccia numero 51, che sale con decisione verso la vetta. Qualche altra curva e qualche altra isobara, e arriviamo infine ad un piccolo altopiano su cui troviamo diverse mucche al pascolo e alcune case antiche: siamo a Madonna delle Nevi, località di malga in pieno pascolo con annessa bellissima chiesetta suggestiva. Chiusa. Ma ci concediamo comunque una pausa rinfrescante all’ombra.
Madonna delle Nevi con vista lago
Direi che come alpeggio non c’è male
Riprendiamo il cammino verso la cima della montagna sempre sul sentiero 51 che poi diventa nuovamente 655 e che infine, dopo un’ultimo strappo, raggiunge il sentiero 658, ribattezzato Alta Via del Monte Baldo: questo è il sentiero di cresta che, con tutte le sue varianti, percorreremo fino alla meta. Ci riposiamo sull’erba tra i cavalli al pascolo e mangiamo, poiché la parte più faticosa del cammino è ormai alle spalle. O così crediamo.

Tempistiche

Fin qui abbiamo guadagnato circa 570 metri di quota, sul totale di 1200. Siamo a metà dunque, ma il sentiero per ora è stato abbastanza ripido e corto. Quello che ci aspetta sarà meno pendente ma più lungo come distanza.Dopo un pasto frugale ci rimettiamo in marcia perché ormai è quasi pomeriggio, il sole picchia e noi vogliamo buttarci alle spalle quanti più chilometri possibile. Il sentiero 658 è in pratica una strada forestale, utilizzata per la gestione dei rifugi un tempo serviti con la seggiovia da Prada. Si sale inesorabilmente ma senza troppa fatica sulle gambe. Il sole è tuttavia implacabile.
Sentiero verso il Telegrafo
Dopo i prati ci aspetta il sentiero roccioso in con vista sulla valle dell’Adige
Dopo più di un’ora, quando ormai iniziamo a scarseggiare ad acqua e viveri, avvistiamo il rifugio Fiori del Baldo e decidiamo all’unanimità di fermarci per un caffè e una bibita fresca. Il luogo è incantevole e rilassante: dolci prati tutt’intorno, famiglie che rientrano alla base per la cena, cani che corrono… solo noi, stanchi, sudatissimi e visibilmente provati dal caldo, coi nostri zaini pesanti, che arranchiamo verso il tavolo.Ci fermiamo giusto il tempo di una birra e una capatina in bagno e subito ripartiamo, poiché sono le 16:30 e ancora dobbiamo fare della strada, per arrivare al Telegrafo.
Verso Punta Telegrafo
Non sono Dolomiti ma mica male, direi
Ripartiamo dunque, con le ombre che si allungano alla nostra destra, mentre aggiriamo la cresta del Coal Santo da dietro, fino ad andare all’ombra. Qui abbandoniamo definitivamente i prati ed entriamo nella zona più aspra della catena del Baldo: rocce e sassi si rincorrono, tra passaggi in sentieri ghiaiati in mezzo ai pilastri di roccia e mughe, sul versante veneto, che nascondono abilmente i camosci.Il sentiero continua, sulla parte destra della montagna, da cui possiamo vedere la Lessinia stendersi oltre la Valle dell’Adige, e col calare della sera, iniziano a comparire diversi ungulati, mentre anche gli ultimi avventori pomeridiani dei rifugi si allontanano e scendono a valle.
Camoscio
Io non ho mai visto così tanti camosci come qui sul Baldo
Sono ormai le 17 passate, si avvicinano le 18: è fine agosto e le ombre sono lunghe e rosa. I camosci spuntano come funghi tra i sassi e le mughe, anche vicinissimi a noi. Hanno paura ma non troppa, poiché ci guardano incuriositi, mentre passiamo nel loro territorio.Infine, dopo aver superato l’ultima cresta di roccia che ci nascondeva il lago, ecco che avvistiamo il rifugio, dominante sul vallone e sulla Vetta delle Buse, proprio sotto a Punta Telegrafo. E di nuovo davanti a noi, il Lago di Garda illuminato dalle luci della sera. Ci affrettiamo per ammirare il tramonto e per riposarci, seduti al tavolo sulla terrazza. Sono le 18:15, ce l’abbiamo fatta.
Tramonto sul Lago di Garda
Non male. Non male per niente
Quando siamo in ordine per la cena, dopo una rinfrescata sommaria nei bagni comuni e un veloce cambio d’abito, il sole sta per andare a nascondersi dietro le montagne bresciane, quindi ci affrettiamo fuori con le macchine fotografiche per cercare di catturare un po’ della magia del tramonto sul lago da quassù: non ricapiteremo così presto.

Tempistiche

In totale abbiamo impiegato circa 6h30 minuti per salire, comprese le pause di riflessione sul cammino ma escludendo la pausa pranzo. Non è proprio una sgambata. Il rifugio, gestito dall’ottima Equipenatura, fa 2147 metri di altitudine, la vetta del Telegrafo 2200. Non ho contato i chilometri ma il dislivello da solo dovrebbe dare un’idea della fatica: siamo partiti da Prada Alta che sta a circa 1000 metri di quota, qualcosa in meno forse.La serata scorre liscia: pasta, polenta e funghi, carne. Ci abbuffiamo come se non ci fosse un domani e poi, col favore del buio, usciamo nuovamente a vedere le luci delle città che si specchiano sul lago. Vi risparmio le foto perché non avevo un cavalletto degno e non è uscito gran che. Però potete immaginare, che sicuramente rende meglio.
Chiesa del Telegrafo
Giovani fotografe di belle speranze si simentano con le luci della sera al Telegrafo
La notte è indolore: avevamo una stanza da quattro che abbiamo occupato interamente, quindi nessuna sorpresa. L’alba ci coglie senza traumi: al piano di sotto ci aspetta una lauta colazione a cui facciamo onore, dopodiché ci rimettiamo in cammino, non prima di aver fatto una breve capatina su in cima a Punta Telegrafo, giusto dietro il rifugio. Bello bello bello, in modo assurdo.
Alba al Telegrafo
Decisamente più fresco, al mattino
Scendendo, per il sentiero 654 che imbocca di traverso il vallone, non possiamo fare a meno di disturbare un branco di camosci al pascolo nell’erba alta: ci guardano fieri, dall’alto, e non si scompongono gran ché. Dopodiché, li perdiamo di vista.
Camosci
Cucù
Scendiamo sempre più, attraversiamo una piccola zona umida infrascata nelle mughe al termine del ghiaione, e proseguiamo sull’altro lato del vallone sul sentiero 55, per compiere un largo giro in quota a mezza costa, tenendo il lago sulla nostra destra e davanti a noi.
Cima
Io ti ho fotografato 200 volte e sei sempre bellissima
Il sentiero è abbastanza comodo ma a tratti è un po’ infrascato, con la vegetazione che si fa alta e fastidiosa ai lati: intuiamo che non deve essere molto battuto. Dopo aver aggirato il fianco della montagna, torniamo in vista dei pascoli e incontriamo diverse mucche, che si abbeverano ad un laghetto/macero di quota.
Macero
Macero o lago? Non si sa
Qualche malga semidiroccata e siamo in vista dell’ex-rifugio Mondini, situato alla stazione intermedia della seggiovia di Prada, chiuso. Ci fermiamo a mangiare un po’ di cioccolata e a riposarci un po’. Da qui, invece di proseguire in costa fino a riprendere la traccia percorsa all’andata, decidiamo di scendere in modo più diretto: imbocchiamo il sentiero S44 che a tornanti si tiene sotto il tracciato della seggiovia, entrando nel bosco.
Non impieghiamo molto tempo ad arrivare in fondo, ed emergiamo dalla vegetazione già al parcheggio della seggiovia. Qui, buttiamo in macchina gli zaini e ci dirigiamo con decisione verso il bar del campeggio che si trova dall’altro lato della strada. È ormai primo pomeriggio, infatti, ma ancora dobbiamo pranzare: due panini non ce li leva nessuno.
Mucche al pascolo
Mucche pensili che guardano il lago

Tempistiche

Non ho tenuto traccia dei tempi di discesa, ma decisamente inferiori ai tempi di salita. In ogni caso, è un giro da due giorni, se non volete morire o arrivare a notte fonda.E questo era il Monte Baldo preso di petto. Come saprete, c’è anche la funivia rotante di Malcesine che vi porta in cima e vi consente di fare altri giri, tutti molto scenografici, ma decidere di spendere una notte in cima non ha paragoni. E infatti l’abbiamo rifatto, d’inverno. Prima o poi ve lo racconto.

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