Intro
Nella vita di tutti i giorni, la fretta mi fa scordare che ci sono anche le cose belle. Quelle che ci stanno intorno, tutto il tempo, e che non vediamo mai perché siamo abituati a vivere col telefono in mano, l’occhio sempre fisso all’orario, perennemente in ritardo per qualcosa o qualcuno. E loro invece sono lì davanti a noi, ogni giorno.
Io vivo a Bologna, in un quartiere periferico al confine con altri comuni della provincia, e nello specifico vivo praticamente dentro a un parco. Dietro casa c’è il fiume Savena, con il suo parco fluviale, collegato ad un altro grosso parco urbano che si chiama Parco dei Cedri, tra Bologna e San Lazzaro, e poi c’è una borgata collinare di San Lazzaro, che vedo letteralmente dalla finestra: la Ponticella.
#diariomontano
Mentre scrivo siamo in piena quarantena da coronavirus, sono giustamente in casa a pianificare cose, intrattenere una bambina, lavare tende e via discorrendo, ma ogni tanto guardo fuori dalla finestra, adesso che non ho più fretta di andare da qualche parte. E lì, quasi a portata di mano, c’è uno splendido parco collinare: il Parco dei Gessi. Oggi non posso andarci, ma è l’ultimo posto dove siamo stati prima che la nostra vita venisse blindata a tempo indeterminato. Oggi, guardando oltre un vetro pulitissimo, parliamo del Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa.
I Gessi
Da casa mia, in tempi normali, potrei arrivarci a piedi tanto la distanza è breve, percorrendo un tratto di parco fluviale e poi alcune strade della Ponticella, seguendo le indicazioni. Si sale un po’, perché ovviamente la meta è in cima a una collina. Di solito, quando ci andiamo, prendiamo la macchina e parcheggiamo proprio ai casolari della Palazza, in cima alla strada: abbiamo una Tata di due anni che cammina “a tratti” e lo scopo è camminare nel parco, non in mezzo alle case (altrimenti stavo a casa).
Da qui poi in genere prendiamo la strada che scende e costeggia la dolina. Già, perché questo lato del parco è una grossa dolina, o meglio l’insieme di più doline e inghiottitoi, che portano a diverse grotte.
Le colline sono in parte costituite da formazioni e affioramenti di gesso, tanto che in antichità l’area era utilizzata come cava, da cui si estraeva la pietra serena o pietra di luna (selenite), quella di cui sono fatte, per interderci, le basi delle Due Torri. E non solo: le mura più antiche della città erano in selenite, e le si possono ancora intravedere in alcuni palazzi del centro storico. Scusate, ero pur sempre un’archeologa.
Il parco
Il parco è pieno di sentieri CAI che lo collegano ad altri parchi del territorio ed è molto grande ma si può anche solo addentrarsi un po’ sul ciglio della dolina principale e stendersi sull’erba.
Essendo appunto molto grande, la folla si sparpaglia, non c’è l’effetto massa che si sviluppa nei classici parchi urbani: molti camminano sui sentieri o girano con le mountain bike, altri giocano in famiglia coi bambini, altri ancora prendono il sole, se la stagione lo consente, ma non sono mai troppo vicini. C’è sempre spazio per fare pic-nic illudendosi di essere da soli nel verde.
Il giro ad anello del Parco dei Gessi
Il classico “giretto” domenicale si snoda sulle tracce che percorrono l’anello della dolina principale (sentieri numero 802A, 817, 802), questo enorme imbuto al centro del quale vi è la Grotta della Spipola. Si parte dai casolari della Palazza sulla strada e si procede verso il centro del parco sull’802A, per poi voltare a sinistra sull’817 e salire sul terrazzo della palestrina di roccia, da cui ci si può affacciare sulla montagna bolognese da una parte e ammirare invece città e pianura dall’altra.
Si prosegue dunque tenendo la sinistra, entrando nel bosco, poi si attraversa la strada e, infilandosi ancora dentro al bosco, si arriva all’Oratorio di Madonna dei Boschi, splendida chiesetta immersa nel verde con prato antistante e grosso esemplare di quercia a fare ombra. Proseguendo ancora si arriva nuovamente alla strada ma se si continua invece sull’802, si sale leggermente verso un’area identificata come “il Castello” dove probabilmente, scavando, troveremmo quel che rimane di un’edificio romano la cui funzione probabile era il controllo del territorio circostante. Ma poteva benissimo essere anche solo una casa, intendiamoci.
Poi si scende sulla destra, si aggira la collina, e si ritorna sulla strada asfaltata. Per completare l’anello infine, attraversiamo nuovamente la strada in corrispondenza delle indicazioni del sentiero 802A, se vogliamo scendere nella dolina a vedere i buchi e poi risalire dall’altra parte. Se invece ce la vogliamo prendere comoda, proseguiamo qualche metro sull’asfalto fino a incrociare sulla sinistra un tratturo di campagna che si congiunge ad una piacevole strada, costeggiata da uno splendido e scenografico filare di cipressi, che riporta in piano alla Palazza.
Epilogo
La descrizione del giro è breve e sommaria ma non è questo il punto, oggi. Ho cercato più che altro di fare una piccola e personale riflessione su questo tempo strano che stiamo vivendo, che ci concede lo spazio per pensare alle cose che vogliamo fare davvero e a quelle che invece non ci mancano, della nostra vita precedente.
Non mi manca essere in ritardo per il lavoro.
Non mi mancano le vasche in centro.
Non mi manca poi così tanto la parigina buona del bar, se posso starmene di più a letto a fare il solletico alla Tata invece di alzarmi velocemente per non fare tardi in piscina.
Mi mancano gli spazi grandi, anche quelli che prima, quando avevo fretta, nemmeno vedevo.