#diariomontano30
Torniamo in Val di Fassa, che mi sa che quest’anno è stata gettonatissima. Alzi la mano chi non è ancora stato al Lago d’Antermoia (io, ovviamente). Ma vediamo di andare a scoprire uno di quei posti che di certo non si distinguono per calca e presenza tappezzante sui social media. Perché la Val di Fassa è molto di più del Catinaccio, e noi ce la meritiamo, un po’ di tranquilla solitudine.
Partiamo quindi a piedi dalla valle, nella fattispecie da Alba di Canazei: noi quell’anno là, quello in cui pioveva sempre, avevamo la casetta lì, proprio in cima alla collina con la chiesetta, quindi non abbiamo nemmeno dovuto spostare la macchina, e in 10 minuti siamo arrivati belli freschi alla partenza dei sentieri, in fondo alla strada di Solagna, alla seggiovia di Alba per intenderci. Andiamo dunque a vedere cosa c’è dentro alla valle di Contrin.
Alba di Canazei
Pas de San Nicolò
Difficoltà | Media |
Tempo di percorrenza | 5h |
Dislivello in salita | 820 metri |
Sentieri | 602, 648, 608 Carta Tabacco 06 VAL DI FASSA E DOLOMITI FASSANE 1:25.000 |
Rifugi | Rif. Pas de San Nicolò, Rif. Contrin |
Salita
L’approccio al sentiero ghiaiato numero 602, usciti dal borgo, è subito importante: salita abbastanza ripida a tornanti nel bosco per guadagnare l’imbocco alla Val de Contrin, il cui torrente si getta rapido nell’Avesio proprio sopra Alba. Una volta arrivati in quota, dopo circa 200 metri di dislivello, incontriamo la Locia de Contrin, una baita che ci accoglie nella valle, ampia e agevole da questo punto in poi fin quasi alle pendici della Marmolada.
La strada, perché di strada bianca si tratta, prosegue agile in falsopiano lungo il torrente per un buon tratto, fino ad arrivare ad un bivio proprio sul corso d’acqua: il 602 continua sul ponte fino a Malga Cianci e poi al Rifugio Contrin, mentre sulla destra si stacca un sentiero, il 648, che piega in salita dentro un canalone boscoso. Lo prendiamo.
Alternative
Per chi avesse intenzione invece di fare una passeggiata più sobria o avesse bimbi al seguito, anche piccoli, si può proseguire sul sentiero 602 fino al Rifugio Contrin o fino alle malghe subito sopra di esso, dove finisce la strada. Il dislivello c’è, perché in tutto sono circa 500 metri, ma il percorso non ha mai pendenze eccessive ed è tranquillamente affrontabile anche dai camminatori più piccoli.
Da qui la pendenza aumenta decisamente: il panorama è vasto, tra gruppi di alberi sparsi, bosco rado e praterie da pascolo, con mucche e masi in qua e in là. Il sentiero aggira una conformazione rocciosa del terreno, in parte coperta di vegetazione, e si butta infine all’interno di un ampio vallone glaciale, con fondo di ghiaia e terra rossa.

Siamo ormai fuori dal bosco e non abbiamo più riparo dal sole, che inizia ad infastidirci: quest’anno esce ben poco dalle nubi, ma quando esce ci scalda al punto da farci quasi rimpiangere la pioggia.
Saliamo imperterriti verso la cima: il sentiero si snoda nei prati, con pendenza costante ed abbastanza elevata. Condividiamo la fatica per un buon tratto con una coppia di signori abbastanza in là con gli anni e che tuttavia sgambano molto bene, facendoci sentire un po’ fuori forma, a dirla tutta.

Infine raggiungiamo la vetta, cioè il passo: il crinale ci divide dalla Valle di San Nicolò, che prosegue in basso fino a Pozza, mentre dietro di noi si staglia in tutta la sua grandezza il Gran Vernel, con dietro le Cime dell’Ombretta e il ghiacciaio della Marmolada, vista da dietro ovviamente. E sullo sfondo, proprio al centro, il Sella. Direi che possiamo accontentarci, per oggi.
Il rifugio Passo San Nicolò, collocato quasi sulla cresta, all’ombra di una montagna che si chiama Col Ombert, è iconico: al vederlo sembra una piccola baita attempata, che resiste con ferocia all’ingiuria degli anni. Ci sta subito molto simpatico, nella nostra personale classifica dei rifugi belli delle Dolomiti. La compagnia è tranquilla: poche coppie e piccoli gruppi di persone sparse per il prato, poca fila al rifugio per i bagni.

Ci sistemiamo nel prato e consumiamo il nostro pasto frugale. Il Marito si concede persino un pisolino (erano altri tempi quelli, tempi in cui si riusciva a dormire dopo pranzo, senza bambine che saltano sulla pancia a tradimento). Poi ci riattrezziamo per partire, dopo una sosta caffè al rifugio.
Discesa
Prendiamo il sentiero 608 per fare una sorta di piccolo anello e non scendere nella valle di Contrin dalla stessa traccia percorso in salita. Quindi proseguiamo oltre il rifugio verso le Laste de Contrin, a cui staremo sotto.

Camminiamo dunque in costa, su una specie di cengia nei prati, e poi dentro un canalone fino ad arrivare al Rifugio Contrin, ultimo baluardo della valle prima delle altissime vette del gruppo della Marmolada. Da qui riprendiamo il sentiero del torrente, il 602, che ripercorriamo fino al bivio e poi a casa.
Tempistiche
In totale impieghiamo 2h30 per la salita, che è molto ripida nel secondo tratto ma corta, a livello di chilometri, e 2h30 per la discesa, che allunga un po’ facendo una specie di giro panoramico. Tutto molto fattibile.

Brandelli di storia
Il Col Ombert è stato ovviamente teatro di vicende belliche della Grande Guerra. Una serie di postazioni e camminamenti si susseguono dalla cresta fino alla cima e nella parte prospicente la Valle di San Nicolò, ad opera dei Kaiserjäger, la milizia di montagna austroungarica che teneva la zona. Oggi si può percorrere la ferrata che passa proprio sulle tracce di quella disegnata dai soldati, fino alla cima, oppure percorrere il sentiero di guerra, su ghiaione, che gira intorno alla montagna per poi salirvi sopra dalla parte opposta. Un anello interessante e abbastanza solitario.
E ricordiamo sempre che la Val di Fassa non è solo Antermoia e Fuciade: ci sono altre cose da vedere, sotto le freccine rosse.
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