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Anello nel parco dei Sassi di Roccamalatina

Finalmente facciamo un giro nel Parco dei Sassi di Roccamalatina. Ho già detto che sono fortunata fruitrice di una casa sull’Appennino Modenese, appartenente alla mia famiglia da anni. Ogni estate percorriamo da Bologna la Bazzanese e poi la fondovalle Panaro carichi di gioia nel raggiungere l’agognato fresco della montagna. Ma giunti poco dopo Marano ci soffermiamo, tutte le volte, ad occhieggiare quelle guglie di roccia che spuntano dai boschi e dalle colline a vigna, dicendoci che prima o poi dobbiamo andare a vederle da vicino. Però in primavera, perché d’estate è decisamente troppo caldo.

Bene, ci siamo andati. Grazie COVID che ci hai fatto fare queste gite procrastinate per anni, che diventano piacevoli scoperte. E così vedremo da vicino i Sassi di Roccamalatina, suggestive arenarie che si stagliano sul dolce panorama collinare circostante.

#diariomontano15

Da Bologna sarà un’oretta abbondante, il tempo impiegato per arrivare ai Sassi. Partiamo con calma nelle 9 avanzate, alle 10 e 30 siamo sul posto ed è già tardi per trovare spazio nel parcheggio. Parcheggiamo vicino al Centro Parco il Fontanazzo, che si trova poco oltre La Tagliata, borgata nei pressi di Guiglia. Oggi sono tutti qui, ben spalmati nel parco ma direi che c’è abbondanza di avventori. Del resto i Sassi sono famosi e ben segnalati, difficile trovare il vuoto.

Sassi di Roccamalatina Earth

Verso i Sassi

Ci piazziamo alla bene e meglio davanti al Fontanazzo e poi ci portiamo sul sentiero. Tutti gli itinerari sono segnalatissimi e facili. Noi scegliamo l’itinerario numero 3, che compie un bell’anello intorno ai Sassi, panoramico e suggestivo, e che noi imbocchiamo nella direzione del Borgo tra i Sassi, per cominciare subito con sprint.

La Tata cammina da sola e parte agile. Speriamo bene, anche se oggi abbiamo qualche valido aiuto (persone con spalle larghe), avendo scelto di non portare più lo zaino per lei. Il mantra “si arriva fin dove si riesce” is the new “fino in cima o l’onta ci perseguiterà per sempre”.

Geologia

I Sassi sono una formazione di arenarie di grana grossolana, molto più resistenti delle argille che caratterizzano questa zona collinare. Da qui il motivo per il quale si sono conservate così bene fino ad oggi. Risalgono a circa 25 milioni di anni fa e sono della stessa topologia di quelle che già si osservano nella collina bolognese, nei pressi di Anconella.

Sassi di Roccamalatina
Qualche “valido aiuto” si sobbarca appunto la Tata per 10 metri

Il sentiero, che ricalca per un tratto la traccia del 400/2 che arriva dal Panaro, è una strada sterrata che sale dolcemente nel bosco di querce e carpini, dal quale emergono ogni tanto case ed altri edifici. Ci sono numerose aziende agricole all’interno del parco, che mantengono viva la vallata. Di lì a breve il sentiero si sdoppia. Sulla sinistra parte in salita la traccia della ciclovia, più larga e dolce. Sulla destra continua in discesa il sentiero pedonale, più stretto e ombroso. Prendiamo questo.

In breve arriviamo ai piedi di uno dei sassi, a Rocca di Sotto, dove una grossa casa dall’architettura discutibile occupa tutta la base delle rocce. Proseguiamo da qui in salita, prendendo in spalla la Tata perché il sentiero è composto da sassi di media dimensione, anche sconnessi, e lei col suo piedino numero 23 fa un po’ fatica a gestire la cosa. Dopo una breve sgambata il sentiero emerge dal bosco a Rocca di Sopra, dove ci accoglie il sagrato dell’Oratorio della Madonna dei Sassi e il belvedere. Ci riposiamo un poco e facciamo merenda.

Borgo dei Sassi
Pause meritate all’ombra

Questo luogo, noto anche come Borgo dei Sassi, ospita l’ingresso al sentiero per il Sasso della Croce (attrezzato a pagamento) e una serie di casette magnificamente ristrutturate, incastonate tra le rocce ed il bosco. C’è anche un’osteria con i tavoli sparsi nella boscaglia, che ci segnamo per un’altra volta. Oggi abbiamo portato i panini.

Brandelli di storia

I Sassi sono stati utilizzati per secoli come punto difensivo, militare e strategico. Prima dai Bizantini come difesa nei confronti dell’avanzata dei Longobardi (secolo VIII) e poi in epoca medievale dalla famiglia dei Malatigni, che prese possesso dell’area e la utilizzò fino al periodo di decadenza nel Cinquecento. Numerose sono le testimonianze storiche negli edifici. La Pieve di Trebbio è sicuramente la più importante, ma anche gli stessi insediamenti tra i sassi, che facevano parte di un unico sistema di difesa, sono sicuramente interessanti. Per finire al toponimo Agoné, di origine greca, che indica uno spiazzo pianeggiante sotto i sassi, dove pare si svolgessero delle attività sportive e militari in epoca bizantina.

Sassi di Roccamalatina
Il colpo d’occhio non è male per niente, direi

Direzione Mulino della Riva

Ripartiamo lungo l’itinerario 3 in direzione del Mulino della Riva. Il sentiero scende con decisione nel bosco quindi teniamo in spalla la Tata per evitare che rovini a valle. Superiamo un bivio nei pressi del quale è stata ricostruita e allestita una carbonaia, con tanto di cartellonistica esplicativa. Manteniamo la destra e dopo essere scesi fino al torrente (il Fosso Tregenda, che nome incantevole) arriviamo nei pressi del mulino, dove si trovano diversi tavoli da pic-nic e un grande prato in mezz’ombra, dove ci piazziamo per mangiare.

In breve l’area si riempie. Nei pressi troviamo una piccola costruzione circolare, ristrutturata, con all’interno una macina, e la rovina dell’edificio che un tempo doveva essere il mulino.

Località Mulino della Riva
Come dicevo, è pieno di cartellonistica e informazioni. Ottimo e abbondante.

Salita a Sant’Apollonia

Dopo mangiato riprendiamo il cammino superando il torrente grazie ad un ponte (ma c’è anche un guado per chi si vuole divertire), in direzione Santa Apollonia. Saliamo per prati e boschi ammirando alla nostra destra i Sassi, che si stagliano sulle colline circostanti. Sono comunque molto suggestivi, anche se non è montagna, visti da tutte le angolazioni.

Continuiamo fino ad arrivare ad una borgata in corrispondenza della strada asfaltata. Qui c’è un ristorante che si chiama proprio Santa Apollonia. Noi proseguiamo in su per qualche centinaio di metri, dopodiché la traccia pedonale si stacca sulla destra, aggirando un campo con degli alberi di ciliegio. Scendiamo per la stradina, che passa accanto ad alcune case coloniche e attraversa campi e boschetti, fino a guadagnare un ampio tratto assolato da cui possiamo ammirare i Sassi in tutto il loro splendore.

Paesaggio intorno ai Sassi
È pure pieno di casette bellissime collocate ad arte

Natura

Nei Sassi nidifica il falco pellegrino che, direte voi, è un falco come un altro. Sbagliato! È ritenuto l’animale più veloce del mondo, capace di raggiungere in picchiata velocità astronomiche. È anche abbastanza adattabile: ne vivono coppie sul grattacielo Pirelli, sulle torri della Fiera di Bologna e sulla Lanterna di Genova. Però resta molto bello da vedere. Noi abbiamo sentito distintamente i falchi che si chiamavano e ne abbiamo visti diversi, anche se stabilire che fossero pellegrini e non comuni gheppi, quando volano veloci controsole, non è proprio facile.

Chiudiamo l’anello

Il sentiero prosegue a tornanti fino al fiume, intercettando ad un certo punto un luogo chiamato Agoné, dove ci sono tavoli da pic-nic e un ampio prato. Poco oltre arriviamo al bivio con la strada che conduce al Mulino delle Vallecchie, splendido edificio trasformato in ristorante che ancora conserva tutta la struttura anticamente usata per la macina. Siamo sul torrente ora, che attraversiamo, tenendo come sentiero la strada.

Saliamo per la via, abbastanza trafficata nel medio pomeriggio, e in breve incontriamo la traccia pedonale che si stacca a destra, ripidissima, su una costa assolata della collina. Decidiamo di tenere la strada, più lunga ma sicuramente di salita più dolce, dato che abbiamo la Tata in spalla.

Sassi da sotto
Comunque se fossi un falco, pure io verrei a stabilirmi qui. Altro che grattacielo Pirelli…

Questo tratto è tutto al sole, mentre probabilmente il sentiero sarebbe più infrascato, e passano abbastanza di frequente le macchine che vanno o che tornano dal mulino. Ad un certo punto c’è anche un tratto di strada sterrata, dove mangiamo un po’ di polvere. Fortunatamente di lì a poco entriamo nuovamente nel bosco e troviamo un carico dell’acqua con una fontana controllata e potabile. Ci abbeveriamo.

Continuiamo sulla strada in salita fino ad una serie di tornanti con alcune case, dove si aggancia il sentiero pedonale proveniente dall’interno del bosco. Lo guardiamo: è una scala. Forse alla fine abbiamo fatto bene a prendere la strada. Lo dico per chi si è sorbito la Tata in spalla, io non ho avuto il piacere.

In breve arriviamo a Ca’ Rastelli, bellissimo borgo in sasso funestato dalla presenza di due massicce costruzioni moderne ma non troppo. Forse un’ex caserma ora riadattata a edifici produttivi dall’azienda agricola. Sbirciamo le mucche dal portone aperto della stalla e infine proseguiamo fino al parcheggio del parco, che avevamo lasciato la mattina.

Bonus: Pieve di Trebbio

Facciamo una breve deviazione per vedere Pieve di Trebbio, bellissima e antica pieve romanica, ricostruita nel Novecento ma che presenta qualche traccia del passato. Sulla facciata c’è un terrazzino ricavato da un’antica lapide tombale, nella parete destra su può osservare un archetto romanico originale sulla porta laterale e ancora c’è il battistero esterno. Era tutto chiuso purtroppo, altrimenti un’incursione all’interno ci sarebbe stata benissimo come coronamento del giro. Ah, e ci passa anche la via Romea Nonantolana. Ne ho già parlato qui.

Pieve di Trebbio
I nostri eroi mentre si intrattengono sui gradini della chiesa

Brandelli di storia

Qui alla Pieve nel ’44 si sono sparati di brutto, i partigiani coi fascisti. Ci sono le lapidi al parcheggio e davanti al Fontanazzo c’è un cartellone col racconto degli eventi. La battaglia infuriò per 10 ore e diede in un certo modo origine agli eventi che sfociarono nella Repubblica di Montefiorino, non lontana da qui. Era zona calda, insomma.

Ci riteniamo ampiamente soddisfatti, di questa escursione nella media collina modenese, quindi ci dirigiamo alla macchina. Ormai sono le 17 e 30, è tempo di andare dall’ortolano di fiducia e fare il pieno di ciliegie prima di tornare a Bologna.

Tempistiche

Il CAI da 2h30 per l’intero giro senza pause. Noi, complice la Tata, abbiamo impiegato di più, anche se non ho contato i minuti. Ci siamo fermati spesso, abbiamo fatto anche un tentativo (fallito) di pisolino sulla via del ritorno. E abbiamo affrontato un incontro ravvicinato con la natura non previsto. Una coppia di biacchi in amore incastrati dentro una rete da lavori in corso proprio lungo il sentiero, che non volevano saperne di andarsene nonostante le nostre proteste. I biacchi sono serpenti, per chi non ne fosse al corrente. Orrende biscie nere lunghe più di un metro, per la precisione. Ah, la natura!

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