La Val Travenanzes è un mito: una valle vuota tra il Lagazuoi e Cortina, lunghissima, che gira intorno alle Tofane. È silenziosa, senza rifugi, quasi desolata. Sulla carta quindi, perfetta per noi. Mio marito me l’ha decantata per anni come una roba fichissima quindi siamo andati. Un anno che stavamo vicino alla Val Badia, siamo andati.
Il percorso che abbiamo escogitato per percorrerla in un solo giorno è impegnativo e prevede sicuramente un’alzataccia. Bisogna lasciare la macchina a Cortina e prendere il pullman, e noi non alloggiamo a Cortina perché siamo phovery. Quindi dobbiamo considerare quella mezz’ora abbondante per farci il passo e trovare parcheggio. Ma bisogna andare. Per forza.
#diariomontano07
Ex Bar Magistrato delle Acque
Forcella Col dei Bos
Val Travenanzes
Cortina d’Ampezzo
Difficoltà | Media |
Tempo di percorrenza | 6h30 (senza pause) |
Dislivello in salita | 340 metri |
Dislivello in discesa | 1100 metri |
Sentieri | 412, 402, 404, 401, 409, 408, 417 Carta Tabacco 03 CORTINA D’AMPEZZO E DOLOMITI AMPEZZANE 1:25.000 |
Partiamo dunque di buon mattino con tutto l’occorrente per il pranzo al sacco e troviamo un posto auto comodo nei pressi della vecchia pista da bob. Dopo aver lasciato l’auto cerchiamo la più vicina fermata dell’autobus sulla statale. Dobbiamo prendere il bus in direzione Passo Falzarego, e troviamo la fermata subito nel tornante. Appena passa il bus saliamo a bordo.
Info utili
Di norma ci si reca nei giorni precedenti in un ufficio turistico e si prendono gli orari aggiornati dei pullman per la linea che ci interessa. Ci si informa se il biglietto si fa a bordo oppure in tabaccheria, ecc. Se vi piace il rischio però potete anche appostarvi alla pensilina, entro una mezz’ora dovrebbe passare l’autobus giusto.
Attenzione: la fermata in cui scendere non è quella del passo, anche se non sarebbe del tutto un dramma. Scendiamo infatti alla fermata dell’ex Bar Magistrato delle Acque, la fermata prima di Col Gallina. Se non siete sicuri chiedete all’autista. Per arrivare su in bus ci vorranno circa 20/25 minuti e la quota di partenza è sui 2000 metri circa, qualcosa in meno.
Salita alla forcella di Col dei Bos
Scendiamo in una curva della strada, con una vecchia casa in disuso che un tempo era un bar e anche una locanda. Oggi ha uno spiazzo davanti usato come parcheggio. Si chiama Ex Bar Magistrato delle Acque e da qui parte il sentiero 412, che taglia trasversalmente il bosco dietro la strada, sulle prime pendici di Col del Bos.
Il sentiero è abbastanza agile e largo e procede nel bosco con una salita non troppo ripida. Circa una ventina di minuti dopo spuntiamo sul tornante di una strada carrabile bianca, chiusa al traffico. Si tratta di una vecchia strada militare, che conduceva ai baraccamenti sotto e detro la Tofana, che facevano parte del comando italiano. Grande Guerra ovviamente.
La strada prosegue in dolce salita, attraversando anche una breve galleria e sbucando in un ampia valle solcata dai tornanti, da cui la vista si apre sulla Tofana di Rozes. Non è escluso vedere qualche camoscio in questa valle, e infatti eccone uno che spunta in lontananza, ci vede e scappa. Forse era andato a bere nel ruscello e l’abbiamo disturbato. Pazienza.
La strada procede a tornanti ma c’è un sentiero che la taglia, con una pendenza più decisa. Noi NON lo prendiamo però, perché vogliamo andare a riempire la borraccia alla fonte che sta in uno dei tornanti. Questa è l’ultimo segno di civiltà per un bel pezzo: oltre non troveremo niente. Né cibo né acqua. E ci sono in totale circa 20 km da percorrere. Una sgambata, direbbero alcuni.
Quasi in cima
Andiamo dunque, lungo i tornanti. Si sale qui tutta o quasi la salita che faremo oggi. Dove la strada finisce continua un sentiero, il 402, che si addentra tra le rocce della forcella di Col dei Bos, e dopo un breve strappo arriviamo in cima. A destra abbiamo la Tofana con il Castelletto bene in vista, a sinistra abbiamo Col dei Bos, e dietro il Lagazuoi.
Possiamo concederci una breve sosta ma bisogna rimettersi subito in marcia o non arriveremo più. Siamo giovani e di belle speranze ma siamo pur sempre bolsi cittadini di pianura, mica caprette. Dobbiamo andare o moriremo di stenti sul sentiero.
Info utili
Nella foto precedente si può notare l’agile presenza della Tata in zaino. Si potrebbe pensare che essa ci abbia accompagnato su questo percorso al limite della follia umana ma NO. Si rassicurano le famiglie a casa che la dolce infanta non era ancora nei pensieri, quando i genitori si sono incamminati incautamente sulle vie della Travenanzes. Eravamo soli, più giovani ma non più in forma di adesso. Checché si possa credere.
Dentro la Travenanzes
Proseguiamo dunque sul 402 e dopo qualche metro, quando si inizia a scendere, a destra si stacca il sentiero 404 che si addentra nella valle sottostante. Lo prendiamo.
Siamo nella Val Travenanzes e possiamo fermarci un attimo man mano che scendiamo per osservare la meraviglia. Una valle vuota, con i rivoli d’acqua che scorrono fra rocce bianche e rosa e piccoli prati pensili, soffici e bagnati, con minuscoli fiori bianchi.
E il sentiero diventa ghiaione, poi letto del fiume, e sembra scomparire come se l’uomo non fosse mai stato lì. Intorno solo le cime tra le più belle del mondo, dove ogni tanto scorgiamo qualche alpinista attaccato in parete in una delle numerose ferrate che le solcano. Piccolissimo, quasi invisibile, mentre appare e scompare nelle nuvole.
L’uomo però c’è stato eccome. La Travenanzes è stata la retrovia della linea austriaca durante la guerra, quindi c’erano baracche, trincee e punti di artiglieria sui fianchi, ben barricati. Il fiume ha portato via quasi tutto, ma se mi infilo tra le rocce trovo ancora scatolette di latta arrugginite, pezzi di filo spinato, lamiere accartocciate e pali spezzati. Ne prendo anche una di scatolette, quasi intonsa. Sardine forse, o tonno, chissà.
Proseguiamo verso il basso. La discesa è dolce e apparentemente poco faticosa, ma è molto lunga quindi non possiamo perdere troppo tempo tra una foto e l’altra. Ad un certo punto il ghiaione finisce e si arriva ad un bivio con il sentiero 401, in corrispondenza di una casetta, segnata sulla carta come Cason de Travenanzes. Una vecchia malga ora chiusa.
Decidiamo di mangiare qui, sotto lo spiovente del tetto, seduti su due panche. Siamo noi e altri due escursionisti. Quattro persone in tutta la valle immensa.
Bonus track: ricordi incredibili
Sono trascorsi anni ormai ma l’aneddoto di colore che riguarda questo viaggio non smetterà mai di farmi ridere. Siamo lì, stiamo mangiando da qualche minuto insieme a un’altra coppia di escursionisti, quando spunta dal pendio un folto gruppo di persone, una decina in tutto, che parlano a voce alta.
Si avvicinano e ci accorgiamo che sono Luca Cordero di Montezemolo (for real) e amici più guardie del corpo (evidentemente armate sotto la giacca). E ce ne accorgiamo perché lui si ferma a parlare con noi per 5 minuti, ci chiede di dove siamo e imparando che siamo due coppie rispettivamente di Bologna e Modena, si profonde in lodi della terra dei motori.
Poi va via.
Noi aspettiamo ancora una mezz’ora prima di ripartire, e ancora oggi mi chiedo se posso essermelo sognato oppure se è stato tutto vero. Ma eravamo in 4, ci guardavamo un po’ così, quindi deve essere stato vero.
La parte bassa della Val Travenanzes
Ripartiamo sul sentiero 401, che costeggia tutto il fianco ovest e nord-ovest del gruppo delle Tofane. Camminiamo dentro e fuori dal letto del fiume, a tratti su piccoli ponti di assi sul fianco della montagna. Non era molto manutenuto quando siamo passati noi, magari oggi è messo meglio. In vari punti abbiamo dovuto aggirare le frane e passare più a monte o più a valle della traccia poiché l’acqua aveva portato via le assi. Ma non c’è nulla di pericoloso, basta stare attenti a dove si cammina.
Il rio che costeggiamo procede sempre più verso destra fino ad arrivare ad una confluenza, in corrispondenza di un altro colle che si staglia davanti a noi: il Col Rosà. Qui il fiume, ormai grosso, procede per la sua corsa verso nord, mentre noi seguiamo una strada sterrata che continua a girare intorno alle Tofane, il sentiero 409, che comincia a risalire leggermente verso l’alto.
Dal punto più basso (1531 metri) dobbiamo tornare a quota 1724, in corrispondenza del Passo Posporcora. Sì, ha un nome assurdo e sì, chi ce l’ha fatto fare? Chi? Perché dobbiamo risalire? Uccidetemi qui e ora, sto camminando da più di 4 ore, voglio buttarmi nel fiume!
Si sale e si riscende
E invece no, risaliamo. Forza e coraggio. L’ultimo sforzo, mi hanno detto. L’ultimo sforzo, vi dico. Quante falsità. Saliamo al passo e concediamoci di morire un minuto sulla panca che troviamo nel bosco sul punto più alto. Beata panchina!! Perché poi parte la discesa senza fine. Il sentiero si chiama 408 ed è un inferno tale che chi l’ha progettato io lo vorrei sapere… Si butta giù nel bosco così, come se non ci fosse un domani, e in un niente di spazio copre tipo 400 metri di dislivello.
Quando arriviamo in fondo sembra che le ginocchia si vogliano svitare e abbandonarci. Ma non ce lo possiamo permettere: c’è da imboccare il 417 verso sud, una strada sterrata nel bosco che costeggia il torrente Boite, che passa per Cortina. Siamo arrivati allora?
No. Manca ancora un sacco. Il sentiero è lungo, una passeggiatona si direbbe, ma ci si deve smazzare prima tutta la periferia. E quindi il campeggio, gli alpeggi, le prime case in collina, poi le case con giardino, poi le case con piscina… Vediamo le prime palazzine, infine le villette a schiera e finalmente, FINALMENTE, la pista da bob. La macchina. LA MACCHINA! Toglietemi le scarpe e cambiatemi i piedi, domani SPA.
Tempistiche
Siamo arrivati alla macchina che erano quasi le 20, partendo nelle 10:30 di mattina da Cortina. Solo di cammino sono 6h30 senza pause, celeri. Se vi fermate, fate le foto, mangiate, consideratene almeno 8h / 8h30 per il giro. Più 30 minuti per la corriera. E sì, sono almeno 20 km, quindi animo!
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