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Valle d’Aosta: in Valsavarenche davanti al Gran Paradiso

La Valsavarenche è in una regione poco canonica per noi, perché ci sono sempre troppe montagne da vedere e troppo poco tempo. Oggi ci allunghiamo fino in Valle d’Aosta perché è ora di fare un giro sulle cime più alte d’Italia. E se proprio non si riesce a salirci sopra, perché non siamo alpinisti, almeno possiamo vederle da lontano, dai.

Organizziamo una gita cattiva coi soliti noti della fatica gratuita. Siamo di base in un paesello che affaccia sulla valle principale di Aosta, e siamo dunque abbastanza comodi per scegliere la vallata che più ci piace, per il nostro giro. La scelta ricade quindi sulla Valsavarenche, che si butta decisa nel parco del Gran Paradiso ed è semivuota, oltre che profondissima. Promette bene.

#diariomontano22

Esatto, nessun rifugio. Solo per veri duri.

Siamo giovani e di belle speranze, all’epoca di questa “scampagnata”, non ci spaventano le altezze. E invece dovrebbero, perché siamo abituati alle valli dolci, ai pendii comodi, ai sentieri tracciati a tornanti.

Qua in Valle d’Aosta è tutta un’altra musica. Qua le cime sono sopra i 3000, le valli stanno al massimo a 1800 e per salire bisogna prendere dei sentieri ripidissimi, in mezzo a rocce vive, senza vegetazione, senza possibilità di scelta. Bisogna volerlo davvero, il trekking. Bisogna essere un po’ Cognetti. Le montagne qui non ti regalano niente. Stanno lì, giganti, e ti guardano, quasi a dirti: “dai, sali se hai il coraggio, sali e vediamo.”

E noi saliamo, porca vacca.

Valsavarenche Earth


Partiamo di buon mattino dalla nostra casetta degli hobbit e ci dirigiamo in Valsavarenche. Quando ci fermiamo a prendere un caffè sulla via, in un paese in fondo alla valle, ancora il sole non è arrivato a metà dei prati, anche se sono quasi le 10 del mattino, ormai. Parcheggiamo al Camping Pont Breuil, punto di partenza dei sentieri e fine della strada asfaltata: sono quasi le 11 e il sole è appena arrivato a lambire il fiume. Valli profonde, come dicevamo.

Non ci facciamo scoraggiare. Piazziamo la macchina e imbocchiamo il sentiero 2 che costeggia il fiume, risalendo sul lato destro la valle. A destra la Cime de l’Arolley che oggi circumnavigheremo, a sinistra il massiccio del Gran Paradiso, immenso e bianco di neve sulle cime.

Valsavarenche
Si sale con decisione e subito le macchine sembrano solo puntini

Salita al Grand Collet

Il sentiero procede tranquillamente fino ad arrivare al bivio, in corrispondenza del Rifugio Tetras Lyre sul lato opposto dell’acqua. Qui il sentiero 2 prosegue diritto mentre il 2A si stacca sulla destra, iniziando a salire con decisione in mezzo alla vegetazione bassa e a macchie. Prendiamo questo.

In breve, mangiando le isobare, scaliamo il primo salto di quota e superiamo la vegetazione, arrivando sulle rocce. Il sentiero si inerpica tra i sassi scuri senza smettere di salire ma tagliando in diagonale il fianco della montagna. Da qui si arriva ad un secondo salto di quota e il sentiero ricomincia a mietere isobare in verticale, implacabile.

Salita vista Gran Paradiso
Mica male però la vista

Superato anche il secondo scoglio (siamo ormai a 2350 metri) torna a rallentare l’ascesa, riprendendo a tagliare in diagonale. Si arriva quindi ad un piccolo spiazzo abbarbicato tra le rocce, dove troviamo alcuni alpeggi e un bivacco in pietra, segnato anche sulla carta col nome di Seyva. Proseguiamo.

Bivacco Seyva
Il bivacco Seyva e alcuni alpeggi diroccati. Foto di Chiara Barbieri

Per un buon tratto la salita si fa più dolce e sopportabile, ma presto ci troviamo di fronte il terzo salto di quota, che ci condurrà fino in cima alla forcella. Il sentiero si inerpica tra le rocce, offrendo anche qualche piccolo spunto alpinistico con alcune scalette piantate sulla parete della montagna, e regalando uno splendido panorama da ammirare nelle soste dentro i valloncelli pensili.

Il Gran Paradiso è sempre dietro di noi, abbagliante e magnifico.

Davanti al Gran Paradiso
Giovane esemplare di autrice mentre osserva gli aplinisti veri col binocolo. Foto di Chiara Barbieri

Al valico verso il Nivolet

Quando ci fermiamo per pranzare in uno di questi scalini, uno abbastanza grande da ospitarci tra i sassi, troviamo anche un praticello pensile e un laghetto glaciale, su cui il gigante si riflette in tutta la sua magnificenza.

Lo contempliamo in silenzio, e cerchiamo di individuare le cordate di alpinisti che scalano la vetta. Ne individuiamo almeno due, in marcia dal rifugio Vittorio Emanuele che con la sua cupola metallica riflette il sole come uno specchio.

Terrazze al Gran Paradiso
Acqua, acqua ovunque. Che paradiso

Una volta pranzato, ci rimettiamo in marcia. Mancano pochi metri per arrivare alla nostra quota più alta. Il punto di arrivo della salita è infatti il Grand Collet, ovvero la forcella a 2832 metri tra la Cime de l’Arolley e il Mont Giansana.

Salita al Grand Collet
Che baldanza, che calzettoni! Foto di Chiara Barbieri

Ci arriviamo salendo a quattro mani, grazie ad alcune scalette e agli ultimi tornanti ripidi sul ghiaione. Ci voltiamo a guardare il Gran Paradiso e siamo subito ripagati di tutta la fatica.

Grand Collet
L’ultimo tratto di salita nel vallone glaciale del Gran Collet. Foto di Chiara Barbieri

Potevamo non fermarci qualche istante, soddisfatti sopo la salita? Non potevamo.

Riposo in quota
Foto di Chiara Barbieri

Discesa nel Plan du Nivolet

Scendiamo infine dall’altra parte, nel ghiaione e poi sulle rocce, fino ad arrivare al vecchio abitato di Grand Collet. Case diroccate in sasso ancora bellissime al limitare si una vallata pensile, col fiume che placidamente scorre disegnando meandri nel prato. Non ho mai visto niente di più bello.

Case nei piani del Nivolet
#iseefaces Foto di Chiara Barbieri

Brandelli di Storia

Siamo nel Plan du Nivolet, valle pensile a circa 2400 metri di quota che sul lato opposto è perscorso da una strada sterrata che era stata progettata per unire Piemonte e Valle d’Aosta attraverso il Passo del Colle del Nivolet. Fortunatamente l’opera è stata solo iniziata e mai terminata, permettendoci di ammirarne l’anima selvaggia.

Nivolet
Il fiume della valle. Tumulatemi qui. Foto di Chiara Barbieri

Il fiume scorre placidamente verso nord, e noi lo seguiamo col sentiero che si tiene sul fianco della montagna. Quando giungiamo al salto di quota, l’acqua inizia a scendere e a nascondersi dalle rocce, per poi riapparire fragorosamente in alcuni tratti. Arriviamo ad una croce sul sentiero, la Croix de l’Arolley, un punto panoramico dove ci fermiamo ad ammirare nuovamente il Gran Paradiso, prima di scendere verso il basso, dove il paese inizia ad intravvedersi in fondo alla valle.

Nivolet
Ho anche perso tempo ad inseguire quello che sembrava un beccaccino. Beccaccino!

Abbiamo quasi terminato l’anello. Manca la ripida discesa nel bosco, che passa a fianco delle cascate generate dal fiume di prima, la Dora del Nivolet, che si getta nel Torrente Savara. In breve siamo nuovamente sul pari e possiamo tornare alla macchina. È pomeriggio inoltrato ormai, ed il sole è già sparito dietro alle vette alpine lasciando la Valsavarenche alle ombre della sera.

Croix de l'Arolley
La Croix de l’Arolley ci fa intuire che siam quasi alla fine del giro

Tempistiche

Per i tempi sono andata un po’ a memoria fotografica, quindi prendeteli con beneficio d’inventario. Indicativamente comunque non dovreste impiegare più di 6he30 per fare l’intero anello, esclusa la pausa pranzo. C’è qualche passaggio attrezzato su gradini di ferro e qualche corda ma non c’è nulla di esposto o potenzialmente pericoloso.

Cascate
E daidaidai che manca una sgambata

E niente. La Valsavarenche è bellissima. Torneremo, prima o poi.

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