#diariomontano41
Rio Rì
Sboccata dei Bagnadori
Centro Parco Corno alle Scale
Lasciamo la macchina sulla strada che da La Cà si dirige verso Madonna dell’Acero e poi il Cavone, in località Rio Rì. Lo trovate qui su maps, e al lato della strada c’è uno spiazzo largo dove parcheggiare, dopo una curva a gomito. Ci sono anche la fermata del bus e una grossa fontana in pietra sulla sinistra. Non ci si può sbagliare.
Salita alla Sboccata dei Bagnadori
Riempiamo le borracce alla sorgente (non troppo, a destinazione ce n’è un’altra più grossa) e partiamo, nel bosco, su una strada sterrata chiusa da una sbarra dopo un centinaio di metri. C’è un piccolo parcheggio prima della sbarra, sulla destra, si può utilizzare anche questo, nel caso.
Il sentiero è segnato dal numero 325 ed è molto largo e con pendenza lieve ma costante, e si insinua a tornanti in un bosco di abeti e faggi alti e abbastanza radi. Ci sono diversi corsi d’acqua, piccoli, che confluiscono verso il torrente più grande, sulla nostra sinistra. Ovviamente la Tata deve lanciare due o tre sassi in ogni pozza d’acqua, quindi la salita sarà piuttosto lenta.
Ormai, in pieno novembre, il foliage a questa altitudine è andato: camminiamo su di un tappeto di foglie secche rossastre, che formano cumuli ai lati della strada e nei fossi, come fosse neve.
Saliamo e iniziamo a notare la vegetazione che si abbassa, lasciandoci ammirare un po’ di panorama. La nebbia cià ha abbandonato subito dopo La Cà (era piuttosto pervicace quel giorno) e oltre la cortina grigia abbiamo trovato il sole sulle montagne. Possiamo quindi vedere gli Appennini fino al Cimone, insolitamente sgombro da nubi.
Info casuali
Ora, per il bolognese medio il nome “Sboccata dei Bagnadori” è abbastanza bislacco, sottintende sgradevoli sensazioni, ma non stiamo qui ad approfondire. Non so perché si chiami così, di fatto è un passo, un’area pianeggiante a metà tra due montagne. Sul versante di Pianaccio scende una grossa sorgente, che ha origine qui, e che confluisce in un fosso, detto “dei Bagnadori”. Sarà perché l’acqua sbocca qui? Può essere. Però resta brutto da dire.
Raggiungiamo lo spiazzo del passo. Questo è letteralmente un incrocio di strade: c’è quella che va a Bocca delle Tese, la Via dei Signori, il sentiero per il Monte Grande… c’è da camminare per tutti i gusti.
Noi scendiamo un po’ per il 123, sulla Via dei Signori in direzione Rifugio Segavecchia per approdare dopo una brevissima discesa al Rifugio dei Bagnadori, un bivacco chiuso ma affittabile gestito dal Segavecchia, nei pressi del quale c’è una delle fonti più grosse dell’Appennino. E in effetti ci sono ben tre tubi, da cui esce la sorgente, subito sotto alla casa.
Ci fermiamo per il pranzo, su uno dei tavoloni all’esterno.
Tempistiche
Ci abbiamo messo circa 2h per arrivare qui, ma dovete sempre considerare la bambina da convincere a camminare, da prendere in spalla, da aspettare mentre tira i sassi, guarda una foglia, ecc. Senza “impedimenti” si fa nella metà del tempo.
Il pasto è frugale: siamo oltre i 1200 metri in una giornata un po’ nebbiosa di autunno, quindi non è propriamente caldo. Mangiamo in fretta, impacchettiamo tutte le nostre cose e riprendiamo il cammino per non congelarci.
Torniamo rapidamente all’incrocio e stavolta prendiamo il 323, direzione Pian d’Ivo – Madonna dell’Acero: anche questo è la Via dei Signori.
La Via dei Signori
Questa strada, denominata così per il passaggio in antico dei mercanti che da Pianaccio e da Monteacuto giungevano a Pian d’Ivo di Madonna dell’Acero, la trovate anche con altri nomi. Si chiama infatti anche Strada delle Orchidee, perché a quanto pare c’è una bella fioritura di orchidee selvatiche in maggio-giugno, ma anche “Sentiero d’Arte” perché subito sopra Pian d’Ivo ci sono diverse installazioni artistiche messe nel 1994 e realizzate in materiali locali. Un po’ distrutte, devo dire.
Ma noi proseguiamo con costanza. La traccia è ancora un po’ in salita, fino alla località Fabuino da cui si stacca il sentiero, ripidissimo, che arriva sulla Nuda (numero 129). Noi continuiamo nel bosco, in un’atmosfera strana di nebbia che si dirada e poi si infittisce ancora.
Natura
Breve excursus d’interesse naturalistico: in zona Bagnadori abbiamo visto le tracce del lupo. Non come impronte eh, che sfido io a riconoscerle da quelle di un grosso cane, ma in versione escrementi. E quelle si sgamano facile, perché sono come delle grosse cacche di cane, lunghe e scure, ma piene di pelo. Che interesse.
Andiamo avanti e in breve arriviamo ad una cascata, con la strada che percorre un grosso ponte in pietra. Facciamo qualche foto e poi rientriamo nel bosco, dove ci attende una nebbia più fitta.
Da qui il sentiero sale un altro po’, ma molto poco, e poi inizia un lungo tratto in falsopiano e poi in discesa, verso Pian d’Ivo. Ma noi siamo più attratti dall’atmosfera fiabesca intorno a noi che dalla direzione o dalla pendenza.
Dopo gli abeti e gli sparuti larici, ci attendono i faggi, con le loro radici muschiose e le bollate di funghi non meglio identificati, che crescono in cerchio intorno ai tronchi.
E mentre siamo lì che valutiamo ogni rumore, immaginandoci che grosse bestie spuntino all’improvviso dal fitto della foresta, ecco che compaiono le installazioni artistiche. Sono decisamente abbandonate a loro stesse: molte sono rotte, marce o divelte, e quello che resta è ciò che non può decomporsi.
In particolare abbiamo visto una massa informe di grossi shanghai metallici colorati, che in parte hanno distrutto la loro base d’appoggio, e un uovo gigante.
Fortunatamente non ne vediamo altri. Siamo ormai alla Casa del Parco, che si colloca in una radura subito sopra la strada. Da qui, attraverso il sentierino esplicativo coi totem o mediante la via classica, si arriva all’asfalto, nei pressi di una borgata che precede Madonna dell’Acero. Pian d’Ivo, appunto.
Non ci resta che coprire la distanza che ci separa dalla macchina che abbiamo lasciato a Rio Rì. E lo facciamo sull’asfalto al lato della strada, purtroppo. Non c’è un altro modo che non faccia perdere quota.
Però c’erano i resti del lavoro dei boscaioli, e mi sono potuta accaparrare un po’ di rametti tagliati di abete bianco con cui farò le decorazioni di Natale. Che nessuno vedrà, ma ci sono sempre i social.
Tempistiche
Per il ritorno abbiamo impiegato altre 2h, ma sempre con qualche pausa bambina. Siamo andati più spediti, però, quindi mi sbilancio e propongo 1h30 come tempo normale. Anche perché il sentiero è più lungo e c’è la strada. In tutto sono 4h, scorciabili a 2h30 di buon passo, per un totale di circa 8,5km.